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Francesco Spazian
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Per comprendere al meglio quanto compose ilsommo genio salisburghese, dev’essere bandita a priori ogni forma di “daltonismo acustico”, capendo se quanto si ascolta appartiene al crepuscolo che annuncia le tenebre, oppure se quei suoni accecanti sono messaggeri della luce.

La musica è fatta di colori che possono essere visti, se si hanno gli “occhi” adatti per ascoltarla. E per sapere ascoltare Mozart, poi, gli “occhi” devono essere particolarmente aguzzi e bene allenati, poiché ben pochi compositori, nella storia della musica, sono riusciti a colorare le loro opere come fu in grado di fare il genio salisburghese. Insomma, per comprendere al meglio quanto compose Mozart, dev’essere bandita a priori ogni forma di “daltonismo acustico”, altrimenti sono guai. E per non sbagliarsi, per giungere alla corretta visione di questi colori generati dalla musica mozartiana, bisogna iniziare da un basilare punto di partenza: distinguere la luce dall’oscurità, comprendere se, quanto si sta ascoltando, appartiene al crepuscolo che annuncia le tenebre, oppure se quei suoni accecanti sono messaggeri della luce.


Ecco perché in Mozart la tonalità equivale davvero a un manifesto che annuncia, che descrive, che indica ciò che si ascolterà e ciò che si vedrà. E da lì sapremo che colori “sentire” e quali suoni “vedere”. A cominciare da un genere cameristico assai particolare e affascinante, quello del quartetto per pianoforte, violino, viola e violoncello (una sorta di “orchestra timida”), al quale Mozart seppe donare due pagine che riassumono perfettamente quel punto dipartenza di cui si è accennato: il quartetto in sol minore KV 478, lunare esaturnino, e il quartetto in mi bemolle maggiore KV 493, solare e mercuriale. Ci sono esattamente otto mesi di distanza nella composizione di queste due opere (il quartetto KV 478 risale all’ottobre del 1785, mentre il quartetto KV 493 è del giugno dell’anno successivo), eppure è come se due mondi, così differenti, così opposti, fossero sul punto di scontrarsi.


Il quartetto KV 478, composto su richiesta dell’editore Hoffmeister, si basa, come si è già scritto, sulla particolare tonalità di sol minore; una tonalità sulla quale Mozart innalza una struttura musicale ardita, complessa, sfaccettata, “sperimentale”, la quale non venne minimamente compresa né dall’editore (il quale fece appunto presente a Mozart di non comporre gli altri due quartetti che gli aveva commissionato, pur lasciandogli l’acconto versatogli), né dal pubblico degli estimatori (bisogna ricordare che all’epoca la formazione del quartetto per pianoforte era ad appannaggio soprattutto di interpreti dilettanti). Questo sperimentalismo, unito a scorci foschi, nei quali prevalgono tinte scure, assorbenti, rappresenta già un salto in avanti (rispetto alla consuetudine dei tempi), uno dei tanti che Mozart fece nel corso della sua breve parabola artistica. Al contrario, il quartetto in mi bemolle maggiore KV 493 dev’essere ascoltato munendosi di lenti polarizzate uditive, quanto la luce e i timbri accecanti la fanno da padrone. Questo quartetto è il perfetto elogio del sapiente gioco di pesi e contrappesi, tipico del linguaggio mozartiano, una meravigliosa applicazione musicale della teoria dei liquidi di pascaliana memoria, dove tutto scorre fluidamente, nel rincorrersi dei temi primari e secondari, scanditi esemplarmente nelLarghetto, vera oasi apollinea.


Questi due quartetti sono stati registrati, per la casa discografica Wide Classique, insieme con il Divertimento del compositore contemporaneo Antonio Zanon (opera assai interessante, in bilico tra le tematiche neoclassiche stravinskjiane e slanci ritmici che richiamano un altro Divertimento, quello meraviglioso per archi diBéla Bartók), da quattro giovani, bravissimi musicisti veneti (Agnese Tasso al violino, Jessica Orlandi alla viola, Silvia Dal Paos al violoncello e Francesco Spazian al pianoforte), che formano il Quartetto Anthos. Ero curioso di ascoltare come i componenti del quartetto avrebbero affrontato il Giano bifronte rappresentato dalle due pagine mozartiane. E il risultato è stato a dir poco confortante, nel senso che il quartetto veneto ha reso questi brani cameristici nel modo più semplice e ideale, esaltando la cantabilità e la spontaneità, ossia quelle che sono le parole d’ordine per entrare nel modo migliore nel variegato universo mozartiano.


Avolte, infatti, proprio per mettere in evidenza la “sperimentazione”, l’audacia, il modernismo insito in molte opere di Mozart, capita che gli interpreti tramutino quelle pagine in brani di un autore della Seconda Scuola di Vienna, non ricordandosi che hanno a che fare, dopotutto, con un compositore che visse e operò nel classicismo viennese. Fortunatamente (tanto per intenderci, Francesco Spazian mi ha spiegato che si è lavorato a lungo per avere il timbro giusto, “adatto”, dallo splendido Gran Coda Borgato), il Quartetto Anthos rifugge da queste anomale interpretazioni e, attraverso quella cantabilità, quella spontaneità di cui si è detto, ha reso naturalmente evidenti sia le asperità, le zone d’ombra, i momentanei inabissamenti del KV 478, sia l’ascesa, la radiosità, la luminosità del KV 493. Un approccio semplicissimo, ma che purtroppo a molti sfugge spesso e volentieri.

Passiamo, per concludere, all’aspetto tecnico della registrazione, che è stata effettuata nel Salone Rosso della splendida Villa San Fermo a Lonigo, in provincia di Vicenza. Una sala molto grande, che ha causato indubbiamente un eccessivo riverbero, al quale non ha potuto, evidentemente, porre rimedio lo staff dello studio di registrazione Matteo Costa, cercando di rendere più “asciutto” il suono dei quattro strumenti.


Le cose sono andate leggermente meglio nel modo in cui si è riuscito ad ottenere un equilibrio timbrico dei quattro strumenti, un tipo di ensemble che, a causa della dinamica prevaricante del pianoforte, può rendere assai arduo tale equilibrio. Inoltre, nella registrazione dei due quartetti si è evidenziato uno squilibrio nel posizionamento, nell’ideale palcoscenico sonoro, del violoncello, che invece di focalizzarsi al centro, insieme con gli altri tre strumenti, si è trovato sbilanciato sulla destra. Questo fenomeno, al contrario, non si è presentato all’ascolto del Divertimento di Zanon.


Andrea Bedetti

   
 
 
"Nell’Andante cantabile, il terzo movimento del Quartetto op. 47 per pianoforte, violino, viola e violoncello di Robert Schumann, è molto accurato il dialogo tra i diversi strumenti: tutti ascoltano e si ascoltano, rispettando così il principio fondamentale della musica da camera: ognuno è indispensabile, nessuno è protagonista assoluto. L’intimo lirismo di questo Schumann è ben sostenuto da un tempo meditativo e, variazione dopo variazione, si arriva al finale: irreale, evanescente, dolcemente misterioso. E anche qui i quattro ragazzi si ritrovano tutti assieme." Sandro Cappelletto, La Stampa.
   
 
... estratto dal quotidiano "L'Arena" di Verona di lunedì 25 Novembre 2013

Perchè avvenga un "dramma" è necessaria la presenza di più di una persona. Il "dramma" è costituito dal cambiamento dei rapporti fra i personaggi della vicenda. Ecco perchè la musica da camera va ascoltata come fosse un dramma. Il genere da camera, diversamente dal repertorio solistico, è costituito prevalentemente da duetti, trii, quartetti, quintetti, raramente è stato composto un sestetto e settimino. In ogni caso è caratterizzato dal fitto dialogo fra ciascun singolo individuo. Il principio è utilizzato spesso anche nella musica leggera, quando a interpretare una canzone le voci di differenti interpreti si avvicendano nell'esporre la melodia, come se fosse una domanda l'inizio e una risposta la fine, si imitano nel ripetere una medesima frase, si sovrappongono, insieme ma riconoscibili. Il divertimento per chi suona e per chi ascolta è notare come un timbro d'uno strumento diverso completa la melodia iniziata dall'altro, la ripete, o si sovrappone alla sua voce.
E' un dialogo amoroso e amorevole, quando gli interpreti ci restituiscono tutto questo. Come i giovani musicisti di casa nostra del Quartetto Anthos, che ha inciso i due stupendi quartetti mozartiani, gli unici col pianoforte assieme al violino, viola e violoncello. A vedere la copertina, in questo tempo dell'anno, giovani e sorridenti in abito da sera, si potrebbe pensare ad una strenna natalizia e invece vanno ascoltati come un dramma, prestando attenzione al cambiamento dei rapporti fra i protagonisti della vicenda. Ad una allegria scintillante, natalizia appunto, si avvicendano momenti da nodo alla gola, come solo Mozart sa fare.